mercoledì 20 maggio 2009

Caro Paolo, non bastano le parole…

Dopo la contestazione di domenica Paolo Cannavaro scrive ai tifosi sul sito del Napoli e manifesta tutta la sua amarezza per le contestazioni subite dopo la partita con il Torino. Contestazione, come abbiamo già detto, che probabilmente non sono da ricondurre solo ai gravi errori commessi domenica, ma ad una stagione molto al di sotto delle aspettative, forse la peggiore in assoluto per quanto lo riguarda. La mancanza di Domizzi quest’anno ha messo inevitabilmente in luce i suoi limiti come difensore centrale, e gravi limiti tecnico – atletici che prima forse venivano coperti vuoi con un’altra posizione in campo, vuoi con un’età più giovane che gli permetteva di compensare i propri limiti con l’entusiasmo.

Cannavaro è addolorato pèr la contestazione dei tifosi, tra l’altro civilissima, e definisce la contestazione “frutto di un inspiegabile pregiudizio”. Pregiudizio? E’ difficile poter chiamare pregiudizio il pensare che il fratello Fabio sia d’un altro pianeta, e mai nessuno, probabilmente, gli ha mai rinfacciato di non essere all’altezza di cotal fratello. Quando i tifosi guardano la sua partita si dimenticano del cognome che porta, e si vedono mortificare dagli interventi sbagliati, spesso leggeri, superficiali, distratti, fatti da chi non mostra abbastanza attaccamento alla maglia. Il suo veder mostrare spesso le terga all’avversario (facendo spesso fallo o andando fuori tempo) senza affrontarlo di fronte, mortificano il bel calcio oltre che i tifosi azzurri. Sono lontani i colpi di mascella di Peppe Bruscolotti, che si opponeva ai calcioni juventini mettendoci la faccia, e beccandosi più di una botta in pieno volto, per non farsi segnare e quindi umiliare. Quello è attaccamento, caro Paolo.

Caro Paolo, sei sicuramente un bravo ragazzo, questo non è mai stato in dubbio, e sicuramente sarai un grande tifoso del Napoli, ma nel tuo caso parlare di attaccamento alla maglia forse significa qualcos’altro rispetto a quello che intendono i tifosi. Cannavaro, quest’anno, e per buona parte dello scorso anno, hai dimostrato attaccamento alla maglia…da titolare. Se davvero avessi mostrato attaccamento alla maglia, ma come lo intendiamo noi, saresti stato il primo a metterti da parte, e a dire al tecnico (Reja prima e Donadoni poi) di non meritare di scendere in campo, ma di startene in panchina, a meditare, a lavorare sui tuoi errori, a tornare quel ragazzo promettente che eri, e che mostrava di non sentire il peso del proprio cognome. Ora che le cose vanno male, ma vanno male da un anno, e i tifosi giustamente contestano, te la prendi. Una sola cosa puoi fare: smentirci con i fatti. I tifosi sono sempre pronti a perdonare chi mostra di voler migliorare e di dare il proprio apporto alla causa. Questa contestazione, probabilmente, ti farà crescere, come non lo stanno facendo i commenti della maggior parte dei giornalisti che seguono il Napoli, e che ancora ti coccolano. Non lo fa nemmeno Donadoni, che nel suo pur apprezzabile atteggiamento di psicologo – chioccia si è schierato contro la contestazione, chiedendo di scaricarla su di lui. Liberati tu del tuo cognome, e ora che Fabio è sul viale del tramonto, comincia a vivere finalmente una carriera tua, senza cercare alibi. Anche se non si è il fratello migliore, non è detto che non si possa diventare un simbolo per una squadra. Vedi Franco e Peppe Baresi. Franco, milanista, è stato un difensore tra i migliori al mondo del suo periodo. Peppe certo ha giocato ad alti livelli, ma mai come quelli di Franco. Eppure è stato una bandiera dell’Inter, e ora, a distanza di quindici anni dal suo ritiro, è ancora in società, a fare il secondo di Mourinho.

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