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"Cruz, Cruz, Cruz, Cruz, Cruz...".
Fare il suo nome al'infinito:era
questo il modo per inneggiare a uno dei brasiliani dai piedi migliori mai
transitato all'ombra del Vesuvio. e i tifosi lo chiamavano soprattutto quando
era il momento di tirare i calci di punizione. Andrè Cruz faceva ancora più
notizia perché tirava sì le punizioni, ma era difensore, e spesso la buttava
dentro come un attaccante. A Napoli si finì per parlare addirittura di
"posizione Cruz" quando c'era quel tiro da fermo leggermente
decentrato a destra, non molto distante dal limite dell'area, che potesse
scatenare il suo sinistro forte ma anche al tempo stesso vellutato. Ne
nascevano traiettorie spesso imprendibili per i portieri avversari. Il suo
nome, Cruz, croce, faceva pensare inevitabilmente all'incrocio dei pali, cui
spesso mirava, e spesso gli andava alla grande.
Con la maglia del Napoli in tre
anni Cruz mise a segno tredici reti, molte delle quali ebbero origine dalle sue
micidiali punizioni. Non erano anni esaltanti quelli per il Napoli, ma Cruz,
che giocava principalmente da libero, ruolo ormai che non esiste praticamente
più, riusciva a combinare una eccellente fase difensiva, con la bravura nel far
ripartire l'azione. fu sotto la guida del "santone" Boskov che lo
ribattezzò prontamente "ANDREA CRUZ".
Con l'avvento sulla panchina
azzurra di Gigi Simoni che gli preferì nel ruolo di libero Ayala,
costringendolo ad uno spostamento a centrocampo, Cruz capì che era il momento
di cambiare aria. Passò addirittura al Milan, per poi cambiare quasi subito di
nuovo maglia, e arrivare allo Standard Liegi, dove ha collezionato la
maggioranza dei suoi successi in carriera.
Non avrà vinto, tanto, a Napoli
non ha vinto niente, ma è probabile che dopo di lui giocatori abili a tirare
così le punizioni, a Napoli difficilmente ne sono capitati.
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